Cessione del credito
Factoring: lo stato di salute, i principali operatori italiani
Nei primi sette mesi del 2023 il turnover del mercato del factoring italiano ha superato quota 160 miliardi di euro, in crescita rispetto all'anno precedente. Ecco i primi dieci player per volumi.
La crescita prosegue, eccome se prosegue: nei primi sette mesi del 2023 il mercato del factoring italiano si dimostra ancora in salute, complice l'aumento dei tassi sui prestiti alle imprese e un contesto generale che sembra tendere sempre più verso il temuto "credit crunch". Secondo i dati Assifact, infatti, il turnover avrebbe raggiunto quota 162 miliardi di euro, in aumento dell'1,16% rispetto all’anno precedente, pur a fronte di una lieve decrescita dell'1,89% delle anticipazioni erogate nello stesso periodo di tempo.
I primi dieci operatori per turnover del factoring italiano
Dal punto di vista delle singole società, non sorprende il primato di Intesa Sanpaolo con 44 miliardi di euro di turnover, seguita a distanza da Unicredit Factoring con 31 miliardi e Ifitalia con 18 miliardi. Seguono nelle prime dieci posizioni - secondo i dati elaborati dall'associazione di categoria - Factorit (10,3 miliardi di euro), Banca Ifis (7,8 miliardi di euro), MBFacta (6,9 miliardi), Fidis (5,3 miliardi), Credit Agricole Eurofactor (5,2 miliardi), BPER Factor (5 miliardi), Sg Factoring (3,9 miliardi), Monte dei Paschi di Siena (3,2 miliardi).
La predominanza del factoring pro soluto rispetto a quello pro solvendo
A far la parte del leone, come sempre, le operazioni di factoring pro soluto, che hanno raggiunto un turnover cumulativo di oltre 128 miliardi di euro, sfiorando l'80% del totale. Quindici milioni gli euro sono i volumi generati, invece, da operazioni di Supply Chain Finance. In qualità di canale complementare e alternativo a quello bancario, il factoring si conferma quindi essere uno strumento utile a sostenere le imprese in difficoltà finanziaria ma dai fondamentali solidi e con forti prospettive di rilancio, grazie alla possibilità di ottenere liquidità senza essere vincolati dalle stringenti regole europee e del sistema bancario.
L’invoice trading quale strumento complementare sia al factoring, sia ai prestiti bancari
Se il factoring è complementare ai prestiti bancari, l'invoice trading può infine essere a ragione definito uno strumento complementare all'uno e all'altro canale di finanziamento. Malgrado i volumi del settore non siano ancora paragonabili a quelli del factoring, nonostante una crescita in doppia cifra anno su anno, l'invoice trading consente infatti la cessione pro-soluto delle fatture commerciali in maniera più veloce rispetto al factoring (solitamente, meno di 48 ore su una piattaforma come CashMe) ma soprattutto fornisce alle imprese la possibilità di scegliere quali fatture cedere in cambio di liquidità, senza essere eccessivamente vincolati dalla cessione in blocco solitamente richiesta dagli accordi con i tradizionali factor.
Factoring e invoice trading per finanziare l’impresa senza incorrere nell’indebitamento
Pur a fronte di una situazione generale del mercato del credito caratterizzata da un trend ascendente dei tassi, e da una crescente prudenza da parte delle banche ad erogare nuovi prestiti – soprattutto nei confronti delle PMI – non si può pertanto ignorare come abitudini, comportamenti e strategie delle aziende stiano cambiando in corso d’opera: pur in un Paese tradizionalmente “bancocentrico” come l’Italia, cresce infatti la quota di imprenditori e di CFO in grado di diversificare le forme di finanziamento dell’impresa e di generare capitale circolante da strumenti alternativi al canale bancario, senza indebitarsi ulteriormente ma cogliendo per tempo le opportunità migliori sul mercato. Che si tratti di factoring, di invoice trading, o di altre soluzioni rese possibile tanto dalla tecnologia quanto dall’intuizione dei loro protagonisti.