L’introduzione delle nuove misure che identificano lo stato di inadempienza delle aziende, molto dibattuta in queste settimane, è uno dei tanti segnali che sembrano preannunciare l’arrivo di un nuovo “credit crunch” per le piccole e medie imprese.
Mentre il totale della liquidità garantita dallo Stato tramite il Fondo di Garanzia supera il traguardo simbolico dei cento miliardi di Euro, cresce giorno dopo giorno il bisogno di canali di finanziamento immediati e complementari rispetto al credito bancario, soprattutto per le PMI più esposte
L’introduzione di regole più restrittive per le banche sui crediti deteriorati rischia di avere un effetto negativo sull’erogazione del credito verso le PMI: ecco perché è importante conoscere fin da subito le possibili alternative al canale bancario.
Emissioni record di obbligazioni da parte delle imprese americane ed europee: per le PMI, tuttavia, la raccolta di liquidità prudenziale in un contesto economico incerto passa necessariamente attraverso altri strumenti, non solo bancari.
Un ulteriore canale di liquidità per le PMI colpite dagli effetti negativi della pandemia di Coronavirus viene dal mercato dei crediti commerciali, il cui valore potenziale ammonta a 483 miliardi di euro.
Prodotti metallici, tessili e abbigliamento, ma anche costruzioni, alimentari, e molti altri ancora: sono questi i settori dove si registrano il maggior numero di aziende che hanno chiesto una moratoria sui prestiti nel corso del 2020, secondo i dati di Crif Ratings.
La stretta creditizia bancaria non concede tregua alle PMI italiane: nonostante la ripresa, le banche continuano a frenare le erogazioni alle imprese.
Il credit crunch, ovvero la contrazione delle erogazioni di prestiti da parte delle banche, verso le piccole e medie imprese rallenta la ripresa economica italiana.