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CashMe Spa è tra le startup selezionate dalla redazione di AziendaBanca per l’edizione 2025 dell’Atlas of Fintech, il primo numero dell’annuario dedicato alle principali startup del settore e al potenziale di crescita di quest’ultimo nel nostro Paese.

La sezione dedicata a CashMe offre un approfondimento sulle nostre soluzioni di digital reverse e invoice trading e il percorso di sviluppo della nostra azienda, con un’attenzione particolare alla crescita del team e i numerosi vantaggi del nostro modello “phygital”.

Oltre alle schede di approfondimento sulle singole startup, spinoff e newCo di aziende tradizionali, l’Atlas of Fintech raccoglie una serie di interessanti dati di settore e il racconto di come alcuni attori dell’innovazione stiano attivamente contribuendo alla crescita dell’ecosistema.

Il progetto, avviato poco più di un anno fa dalla redazione di AziendaBanca, ha permesso quindi di mettere a sistema un’enorme quantità di informazioni sulle startup del fintech, utile per avere una visione d’insieme di un mercato in piena evoluzione.

Estate, tempo di bilanci: è quello che hanno fatto Serena Palazzo e Gabriele Gene con il paper “L’Ecosistema Fintech in Italia: un’analisi attraverso i bilanci di un campione d’imprese” pubblicato a luglio 2024 nella serie “Questioni di Economia e Finanza” della Banca d’Italia e che analizza i bilanci degli operatori fintech non sottoposti a supervisione bancaria in Italia per quanto riguarda il triennio 2019-2021.

I risultati dell’analisi evidenziano come quello del fintech italiano sia tuttora un ecosistema formato da piccole imprese, in parte eterogenee per forma societaria, struttura di bilancio, attività svolta, caratterizzato da una rilevante crescita in termini di fatturato e incoraggianti segnali di miglioramento dal punto di vista della redditività, e che potrebbe in prospettiva assumere una “rilevanza strategica” nel prossimo futuro dell’industria finanziaria.

Non è un caso, infatti, che nel nostro Paese i finanziamenti raccolti dalle aziende fintech siano cresciuti a una media del 60% anno su anno dal 2016 a oggi, doppiando la media europea (pari al 34%) con una forte crescita concentrata soprattutto negli ultimi cinque anni. Finanziamenti che, soprattutto in alcuni settori di attività, si sono rilevati determinanti per sostenere la crescita e il consolidamento di un comparto che in molti casi deve sostenere ancora costi operativi di entità rilevante, soprattutto per quanto riguarda i servizi e i beni di terzi (pubblicità, ricerca e sviluppo, leasing), che assorbono buona parte dei ricavi, oltre a una struttura dei costi generalmente rigida, con una significativa spesa per il personale.

Non mancano, in ogni caso, i segnali di ottimismo che lasciano presumere significative opportunità di crescita: alla fine del triennio preso in esame le imprese fintech erano accumunate da un elevato livello di patrimonializzazione, con una struttura finanziaria “equilibrata” nel breve termine e un basso livello di liquidità (influenzato tuttavia al ribasso dai dati di un singolo operatore di grandi dimensione). “I valori degli indicatori di redditività, ancora su livelli insoddisfacenti, sono comunque in miglioramento, Il settore risulta inoltre caratterizzato da elevati livelli di patrimonializzazione – scrivono gli autori – ed emerge una marcata correlazione positiva tra la performance economica e la dimensione d’impresa“.

Gli autori dell’analisi ricordano, infine, come l’offerta di servizi fintech abbia portato alla nascita di modelli di business altamente competitivi, in grado da un lato di ridurre i costi dei servizi finanziari, migliorare l’esperienza d’uso e contribuire “in alcuni casi” a una maggiore inclusione finanziaria, dall’altro di incentivare le banche e gli operatori finanziari tradizionali a investire nello sviluppo di nuovi servizi, quando non collaborare con le imprese più innovative (o investendo direttamente nel loro capitale) per fornire soluzioni migliori alla propria clientela, contribuendo anche in questo modo all’adozione delle nuove tecnologie.

La conferma arriva da Banca d’Italia: il fintech italiano, seppur non paragonabile rispetto ai volumi raggiunti dagli altri paesi, gode di buona salute e le prospettive sono di un concreto rialzo degli investimenti da qui ai prossimi anni. Pagamenti innovativi, integrazione dei wallet digitali, digitalizzazione e automazione dei processi di credito sono, al momento, le tendenze principali e che potrebbero portare da qui ai prossimi anni a un forte contenimento sia dei tempi di elaborazione sia un miglioramento della generale efficienza operativa.

Secondo i dati riportati nell'”Indagine FinTech nel sistema finanziario italiano – 2023“, Banca d’Italia stima un investimento totale di oltre 900 milioni di euro nel solo biennio 2023-2024, in crescita del 50% rispetto ai 600 milioni di euro investiti nell’arco del biennio precedente. Da qui al 2025 potrebbero aggiungersi ulteriori 380 milioni di euro, portando il flusso totale di investimenti associato ai progetti mappati pari a 1,88 miliardi.

Se è vero che la spesa nel biennio 2023-2024 è aumentata di quasi 3,8 volte rispetto a soli sei anni fa, a guidare la crescita sono state fin qui prevalentemente le piattaforme web-mobile (con il 20,5% degli investimenti complessivi), l’intelligenza artificiale (16,5% di investimenti totali) e le application programming interfaces, o Api, che hanno ottenuto il 14,9% dei capitali messi a disposizione dagli investitori. A livello di settori, domina l’intermediazione finanziaria che ha catalizzato il 43,7% degli investimenti totali, seguita dagli investimenti al 39,4%.

In questo scenario, non stupisce la crescita sia nei numeri sia nella distribuzione delle startup fintech, ormai presenti in tutti i settori: dai pagamenti digitali al lending e prestiti, dal settore delle criptovalute alla gestione dei patrimoni digitale. Altrettante, se non di più, le sfide che le nuove aziende dovranno affrontare da qui ai prossimi mesi, tra cui la regolamentazione, la concorrenza con altre startup e con le banche o intermediari tradizionali e, ovviamente, lo sviluppo di una solida relazione con i clienti, premessa indispensabile per qualunque ulteriore crescita. Sfide per le quali gli investimenti rappresentano sicuramente un supporto decisivo, ma non l’unico affinché il settore possa confermare i buoni risultati raggiunti finora

Oltre due miliardi di euro di nuovi finanziamenti erogati dalle fintech alle micro, piccole e medie imprese da gennaio a giugno del 2023, pur in un contesto di tassi crescenti e con un credit crunch ufficialmente cominciato. È questo lo scenario tracciato dal report di ItaliaFintech, l’associazione che raccoglie i principali player del settore e che dimostra come le startup specializzate in prestiti alle aziende abbiano ridotto i finanziamenti in misura minore rispetto alla contestuale riduzione operata delle banche.

Le fintech italiane hanno erogato oltre 12 miliardi di euro di finanziamenti dal 2019

Pur in uno scenario di persistente difficoltà generato dall’aumento dei tassi e dal venire meno di molte delle garanzie pubbliche inizialmente previste, quindi, le fintech italiane non sono venute meno al loro ruolo di strumenti alternativi e complementari al sistema bancario: vuoi per la minore regolamentazione, vuoi per la maggiore disponibilità e velocità di erogazione dei servizi, gli operatori nazionali sono stati in grado di erogare oltre due miliardi di euro di finanziamenti nei primi sei mesi di quest’anno, dopo gli oltre 4,5 miliardi erogati nel 2022 e con una contrazione inferiore rispetto a quella riscontrata nel canale bancario, come riportato dal Corriere della Sera in occasione della pubblicazione del report di Italia Fintech.

Se ad agosto 2023 l’erogato del sistema bancario assistito da garanzie pubbliche ha registrato un decremento del 28%, infatti, l’erogato del fintech anno su anno ha registrato un calo “solo” del 14%, offrendo a molti clienti la possibilità di un atterraggio più “morbido” dopo anni di abbondante liquidità. Il dato appare ancora più rilevante se si pensa, infine, che dal 2019 le startup fintech italiane sono state in grado di erogare più di 12 miliardi di euro nei confronti di più di 30 mila imprese, confermandosi un supporto determinante a fronte del ritirarsi degli istituti maggiori da territori e settori un tempo di loro esclusiva competenza, soprattutto nei confronti delle aziende di dimensioni minori.

Il punto di vista di un operatore di invoice trading online

Dal nostro punto di vista, in qualità di operatori specializzati nell’invoice trading online, i dati di Italia Fintech confermano una tendenza di fondo ormai consolidata da anni: quello del fintech come strumento complementare al settore bancario, capace non tanto di sostituirsi in toto agli istituti di credito tradizionali quanto di fornire agli imprenditori maggiori opzioni disponibili per finanziarie il capitale circolante della propria azienda, contenere l’indebitamento e azzerare il rischio di dipendere interamente da un’unica fonte di finanziamento. Soprattutto, in tempi in cui il credito non è più a buon mercato.

Non è una caratteristica del solo segmento fintech, e non è neppure una novità delle ultime settimane, ma lo è per le dimensioni e il cambio di paradigma che potrebbe innescare: secondo i dati di Pitchbook, analizzati da Morningstar, gli investimenti nel fintech “retail” B2C potrebbero essere entrati in una fase prolungata di contrazione a vantaggio degli investimenti nel fintech B2B, quello meno esposto ai cambiamenti delle abitudini dei consumatori.

Le startup che hanno infatti raggiunto la maggiore visibilità negli ultimi anni, attive nel mondo dei servizi ai consumatori finali per quanto riguarda i servizi di pagamento, di risparmio, di investimento e di trasferimento del denaro tra utenti, potrebbero andare incontro a una severa selezione naturale sull’onda lunga del rialzo dei tassi di interesse e della crisi di intermediari quali Silicon Valley Bank, punto di riferimento per le startup di questo settore.

Al contrario, il mondo del fintech B2B sembra essere entrato in una interessante fase di ascesa, in virtù di una maggiore predisposizione degli investitori a finanziare imprese dai fondamentali solidi o che comunque ambiscono a rivolgersi a una platea potenzialmente globale di clienti interessati a trovare soluzioni alternative a quelle offerte dalle banche, in mercati già preesistenti e aperti all’ingresso di nuovi player più convenienti, economici o semplicemente più evoluti degli operatori tradizionali.

Non sorprende, in questo senso, che i dati di Pitchbook riportino un 79,7% totale di investimenti rivolti al settore Business-to-Business sul totale degli investimenti dedicati al settore nel corso del 2023, in netta crescita dal 62,2% dell’anno precedente. Il mercato relativamente contenuto in termini di numerosità delle aziende, l’attenzione alla profittabilità di breve periodo delle aziende stesse da parte degli investitori, la spinta da parte delle autorità globali nei confronti di una maggiore innovazione nel settore sono tutti criteri che possono alla lunga influire su una crescita ancor più sostenuta di quanto vista finora.

Se da un lato, come fa notare anche MorningStar, rimane critica la situazione di molte fintech che hanno ambito – forse un po’ troppo presto – a sostituirsi in toto alle banche, diventando istituti finanziari a loro volte, le prospettive sembrano essere decisamente più confortanti e ottimistiche per quelle aziende – come quelle attive nel settore dell’invoice trading online – che ambiscono a fornire soluzioni alternative o ancor meglio complementari ai player tradizionali, senza tuttavia abbandonare il proprio status di aziende tecnologiche ancor prima che finanziarie. Un’ipotesi, quest’ultima, già confermata da alcuni casi di successo, e che i dati dei prossimi mesi potranno ulteriormente mettere alla prova.

882 milioni di euro di valorizzazione nel solo 2022, con un aumento del 240% anno su anno degli investimenti di venture capital: è la straordinaria performance fatta registrare dal fintech italiano secondo il quinto Osservatorio Fintech PwC pubblicato in questi giorni, che individua nella collaborazione e sinergia tra startup e istituti finanziari tradizionali uno dei principali motivi di questa crescita così significativa.

Da notare, in ogni caso, come gli investimenti in startup fintech siano sempre più legati a pochi, significativi round, con il 91% del valore complessivo investito che ha interessato operazioni superiori al valore di 25 milioni di euro. Milano, in questo scenario, si conferma quale capitale incontrastata del fintech italiano, con il 54% delle aziende a livello nazionale e il 70% degli investimenti.

Se da un lato interi settori come l’asset management, il trading e l‘open banking sembrano essere ancora fermi a una fase iniziale di sviluppo, il mondo dei pagamenti digitali, del lending e dell’insurtech sembrano andare incontro a una seconda giovinezza in virtù di un crescente interesse da parte dei player tradizionali nello sfruttare una fonte di innovazione apparentemente inesauribile e caratterizzata da una molteplicità di soggetti con cui stringere accordi di partnership e collaborazione.

In particolare il settore del lending fintech ha fatto registrare una crescita del 49% nei soli primi sei mesi dell’anno, raggiungendo i 2 miliardi di euro per quanto riguarda la liquidità erogata verso le imprese di piccole e medie dimensioni, tradizionalmente ignorate o sottoservite dagli operatori tradizionali e sempre meno sostenute dai generosi interventi pubblici in fase di pandemia.

Se nell’insieme il fintech è ancora un settore marginale rispetto ai grandi volumi intermediati da banche e società di factor, nondimeno il suo ruolo sistemico diventa sempre più importante come dimostrano i numeri dello stesso Osservatorio PwC: sia come strumento di innovazione per le banche in uno scenario di crescente collaborazione tra incumbent e startup, sia come strumento alternativo rispetto al credito bancario ma capace al tempo stesso di migliorare il rating delle PMI che ne fanno uso (come avviene nel caso dell’invoice trading con la cessione pro-soluto delle fatture in cambio di liquidità) incrementando di conseguenza la capacità di accesso al credito, la solvibilità delle aziende e la resilienza dell’intero sistema.

Oltre il 90% anno su anno: è la crescita di valore dell’invoice trading online secondo quanto emerge dai dati dell’ultimo Osservatorio Supply Chain Finance della School of Management del Politecnico di Milano, che ha stimato come l’intero settore del Supply Chain Finance abbia raggiunto un valore complessivo compreso tra i 525 e i 585 milioni di euro (rispetto ai 509 miliardi del 2021).

A crescere, in particolare, il settore dell’invoice trading online in cui opera CashMe SPA, che ha raggiunto uno dei picchi più alti di sempre secondo quanto emerge dai dati storici, anche grazie a un contesto di crescita generalizzata dei costi di acquisto e produzione e dei tassi di interesse che rendono particolarmente vantaggioso per le piccole e medie imprese ottenere liquidità tramite la cessione pro soluto dei crediti commerciali senza, soprattutto, generare ulteriore indebitamento.

Insieme all’invoice trading sono segnalati in crescita anche tutti gli altri settori del comparto, per una copertura totale del 22-25% del valore totale del settore. Ai primi posti il factoring, con una crescita del 5% verso quota 60,4 miliardi di euro, seguito dall’anticipo fatture a 55 miliardi di euro (+16%) e in terza posizione dal reverse factoring a 8,1 miliardi di euro (+13%). Bene anche le carte di credito B2B (2,4 miliardi, +19%), il confirming (1,6 miliardi di euro, +38%), il purchase order finance (1,03 miliardi, +2%) e il dynamic discounting (500 milioni di euro, +83%).

Se nel 2021 l’invoice trading era stato l’unico comparto a segnare un segno meno nei volumi di crescita, nel 2022 la classifica si è completamente ribaltata con un aumento del 90% e uno dei valori massimi raggiunti secondo le medie storiche. Da notare, quest’anno, il ritorno a una crescita in doppia cifra dell’anticipo fatture dopo lunghi periodi di stasi. “Il Supply Chain Finance si sta affermando sempre più come strumento strategico per le imprese, soprattutto per piccole e medie, per la gestione della liquidità, ma anche per il miglioramento delle prestazioni di sostenibilità e la mitigazione del rischio di filiera” il commento di Federico Caniato, direttore dell’Osservatorio Supply Chain Finance.

Tra i trend individuati dall’Osservatorio un paio sono già in pieno svolgimento: quello della sostenibilità, dove i clienti e fornitori sono sempre più sottoposti a una valutazione che incorpora anche le prestazioni ESG, e quello del Risk Management, secondo il quale gli strumenti di supply chain finance diventano sempre più un utile alleato per la gestione dei rischi e la fornitura tempestiva di capitale circolante a sostegno della “salute finanziaria” di tutta la filiera. “L’ecosistema del supply chain finance sta evolvendo e le piattaforme sono diventate il principale strumento attraverso cui i diversi provider collaborano e creano valore per le imprese e le filiere” il commento conclusivo di Antonella Moretto, direttrice dell’Osservatorio.

Poco più di 30 aziende su un totale di 630 mappate: è questo il numero di startup e scaleup fintech e insurtech che hanno raccolto il 90% del totale degli investimenti disponibili nel settore, secondo l’ultimo Osservatorio Fintech & Insurtech della School of Management del Politecnico di Milano. Su un totale di 900 milioni di euro di funding (un dato leggermente diverso rispetto a quanto emerso in altre ricerche) oltre 800 milioni di euro sono stati infatti destinati a poco più di 30 startup e scaleup complessive

Il dato è tanto più sorprendente quanto più esso viene confrontato con altri numeri che dimostrano uno stato di salute in crescita anno su anno del settore: circa 30 nuove startup sono state costituite solo negli ultimi 12 mesi, mentre i ricavi mediani per startup e scaleup previsti entro la fine del 2022 potrebbero raddoppiare quelli del 2021, anche se non si generano ancora stabilmente EBITDA e flussi di cassa positivi.

Se gli investitori sembrano ancora restii a sostenere la crescita del settore fintech, la stessa cosa non avviene per i clienti finali: a fronte della chiusura di un numero crescente di filiali, la percentuale di consumatori disposti a utilizzare solo strumenti digitali e quella che già oggi non fruisce di alcun servizio in filiale supera il 55%, segno di una crescente predisposizione – + 6% anno su anno – all’utilizzo di servizi disintermediati che banche e fintech sono oggi in grado di offrire in maniera complementare.

Interessante, in questo contesto, sapere che l’online non è più un canale destinato solo all’erogazione di servizi “semplici” e tra loro separati: sempre più clienti optano per un’offerta bancaria interamente digitale, con una percentuale che raddoppia nel caso dei più giovani. Un dato relativo al mercato retail, ma che contribuisce a rafforzare a diffondere nuove abitudini di utilizzo dei servizi finanziari anche al di fuori della sfera privata, con imprenditori, CFO e manager sempre più disposti e abituati a servirsi di servizi finanziari digitali e fintech anche nel contesto della propria attività professionale.

Oltre 4,6 miliardi di euro mobilitati nel corso del 2021 da parte del settore della finanza alternativa italiana a sostegno delle PMI del nostro Paese, in netta crescita rispetto ai 3,2 miliardi di euro raggiunti nel corso del 2020. La tendenza, inoltre, non accenna a rallentare, con più di 2,6 miliardi di euro movimentati nei primi sei mesi dell’anno corrente (+32% rispetto allo stesso periodo del 2021).

Bene lending crowdfunding e direct lending, in calo l’equity crowdfdunding tra il 2021 e il 2022

Tutti i dati sono contenuti nel quinto report sulla finanza alternativa per le PMI, appuntamento annuale del Politecnico di Milano presentato in occasione della giornata dalla Finanza Alternativa, o Alt-Finance Day, organizzata da Innexta in collaborazione con la School of Management del Politecnico di Milano, la Camera di Commercio di Milano Monza Brianza Lodi e la Unioncamere nazionale.

In crescita il lending crowdfuding, arrivato tra luglio 2021 e giugno 2022 a quota 185 milioni di euro (+26% rispetto al periodo precedente), mentre cala l’equity crowdfunding a quota 141 milioni di euro (-10% negli ultimi sei mesi) a causa delle incertezze macroeconomiche di questa ultima fase dell’anno. Oltre 1,2 miliardi di euro i finanziamenti generati dal direct lending, con una crescita tendenziale del 55%, e 836 milioni di euro i finanziamenti mobilitati tramite minibond, anche qui con una crescita significativa secondo la ricerca. Quasi un miliardo e mezzo, infine, proviene dal private equity e dai fondi di venture capital.

Stabile l’invoice trading, in attesa dei dati del secondo semestre 2022

Per quanto riguarda il nostro settore, l’invoice trading, i dati della seconda metà 2021 e del primo semestre 2022 segnano il passo con 688,4 milioni di euro intermediati dalle piattaforme online di cessione delle fatture, anche per l’uscita dal settore di un operatore “storico” come Fifty. Un dato, inoltre, fortemente influenzato dalla stagionalità del business, che porta la maggiore parte delle aziende a concentrare la cessione dei crediti commerciali nella seconda metà dell’anno. Per apprezzare pienamente lo stato di salute dell’invoice trading in Italia nel 2022 non resterà quindi che attendere la prossima ricerca annuale.

Interessante, infine, il quadro del “profilo tipico” delle imprese finanziate dall’invoice trading che emerge dalla ricerca: aziende in uscita da procedure di concordato o che non riescono a ottenere sufficiente supporto dalle banche in seguito a commesse di rilevante dimensione, o che non ottengono risposte in tempi accettabili e decidono per questo motivo di rivolgersi a piattaforme di cessione dei crediti tramite invoice trading online come CashMe.

Tra le ragioni della fidelizzazione dei clienti, inoltre, emerge come la cessione dei crediti a investitori istituzionali qualificati porti il debitore ceduto a prestare maggiore attenzione ai tempi di pagamento: sarà per questo motivo che le tempistiche di pagamento delle fatture B2B in Italia sono calate da 54 a 37 giorni, come si legge nella ricerca? Se non è tutto merito dell’invoice trading, ci piace pensare di aver avuto una parte in questo piccolo ma significativo progresso.

Un Paese dai tanti primati, sia in positivo che in negativo: è, quest’ultimo, il caso dei finanziamenti basati sul mercato dei capitali verso le piccole e medie imprese italiane, secondo quanto emerge dal rapporto “Unione dei mercati dei capitali – Indicatori chiave dell’andamento” realizzato dall’Associazione per i mercati finanziari in Europa (AFME) in collaborazione con altre undici organizzazioni europee e internazionali.

Secondo quanto si legge nel rapporto, ripreso tra gli altri anche da borsaitaliana.it, ad oggi solo il 7,8% delle società fanno ricorso a forme di finanziamento basate sul mercato, in ulteriore calo rispetto all’11,5% del 2021. In calo le emissioni totali di cartolarizzazioni, del 57% rispetto al 2021 e del 75% rispetto al 2019. Non va meglio sul fronte bancario: se l’erogazione di nuovi prestiti cresce dell’8% rispetto al 2021, il calo sui livelli pre-pandemia viaggia in doppia cifra (-17%).

Non è un caso, quindi, che in un contesto sempre più caratterizzato dal venir meno dei finanziamenti di origine bancaria – e da una cronica mancanza di finanziamenti provenienti dal mercato di capitali – stia emergendo sempre più un nuovo panorama di soluzioni innovative per rispondere al fabbisogno di liquidità delle piccole e medie imprese italiane. Secondo lo stesso report, infatti, l’introduzione di “sandbox normative” ha contribuito a una crescita dell’ecosistema FinTech dal 2021 al 2022, come già avevamo avuto modo di sottolineare su questo stesso blog in un precedente articolo.

Da notare, infatti, come la disponibilità di soluzioni di finanziamento alternative – come la nostra piattaforma Cashme di invoice trading online per la cessione dei crediti commerciali – rispetto ai tradizionali canali di finanziamento sia ancora oggi per lo più un fenomeno poco rilevato dai media e dalle ricerche che fotografano solo i grandi movimenti di capitali. Il pregio di un report come questo consiste invece proprio nel rilevare come, sottotraccia, quello che fino a pochi anni fa era ancora un movimento d’avanguardia sta diventando sempre più un attore primario del sistema, contribuendo con l’aiuto della tecnologia a rispondere a un’esigenza di liquidità e finanziamenti mai venuta meno del tutto, ma che gli attori tradizionali non possono o non vogliono più soddisfare.

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