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Tag: sostenibilità
  • Verso la “Sustainable Supply Chain Finance”: che cosa cambia per le aziende

    La crisi pandemica, la guerra, la crescita dei costi delle materie prime, l'inflazione, le incertezze geopolitiche, ma anche la crescente pressione normativa, le richieste sempre più esigenti dei consumatori e degli investitori: è difficile oggi stimare con esattezza quali siano le cause esatte che hanno portato un numero crescente di aziende a prestare un'attenzione crescente al rispetto dei criteri ESG e il proprio impatto su ciascuno di essi, anche attraverso la scelta dei fornitori da impiegare nella realizzazione di prodotti e servizi.

    Non sorprende quindi che, come ricordato anche da un articolo pubblicato sul blog Econopoly del Sole 24 Ore da Giulia De Vendictis, Public Funding & Grants Specialist di MET Devlopment (MAIRE Group), le imprese oggi siano attente non solo a farsi assegnare un rating ESG, ma anche assegnarne uno alle proprie controparti in qualità di capofiliera. In futuro, quindi, sarà sempre più abituale sentir parlare di "Sustainable Supply Chain" (SSC) per riferirsi a un modo sostenibile di concepire e strutturare le catene di approvvigionamento, e di “Sustainable Supply Chain Finance” nel favorire questa transizione.

    L'analisi dei fornitori realizzata tramite i criteri ESG per vie interne o tramite information provider esterni è un aspetto critico da valutare, ma non è quello che ci interessa approfondire nello specifico in questo articolo. Quello che è importante sottolineare, infatti, è l'importanza crescente della sostenibilità non solo dal punto di vista dell'etica, ma anche dal punto di vista delle conseguenze per il fatturato di ogni singola azienda e delle sue reali capacità di mantenere rapporti di lavoro, contratti in essere, e di raccogliere finanziamenti sui mercati dei capitali o in quello bancario a condizioni più agevolate di altre.

    La valutazione ESG dei fornitori non rappresenta, in questo senso, un punto di arrivo ma uno di partenza: in base al punteggio ottenuto, essi possono aspirare a ricevere forme diverse di finanziamento a condizioni migliori rispetto a coloro che hanno ricevuto un punteggio inferiore – ad esempio, nell’accesso a programmi di cessione dei crediti commerciali tramite reverse factoring stipulati dall’azienda capofiliera per favorire il pagamento anticipato delle fatture dei fornitori in deficit di liquidità - oppure essere del tutto esclusi da programmi di questo tipo in caso di un punteggio ampiamente insufficiente, con ovvie conseguenze negative in termini di competitività, costo dei finanziamenti e relazioni con l’azienda cliente.

    Pur in un contesto difficile, determinato da una cultura aziendale ancora in procinto di evolversi e dalla difficoltà di ottenere valutazioni ESG basate su dati oggettivi e misurabili, resta un cambio di paradigma che si preannuncia come storico: in futuro, la scelta dei fornitori e l’accesso di questi ultimi ai diversi strumenti di supply chain finance non dipenderà più unicamente dalla qualità del lavoro svolto, dalla convenienza dei prezzi o da altri criteri tradizionalmente utilizzati, ma in misura crescente anche dall’impegno concreto e misurabile di questi ultimi sul fronte della sostenibilità, con meccanismi di incentivazione direttamente proporzionali ai risultati conseguiti e alla capacità di prepararsi per tempo al cambiamento in atto.

    Noi di CashMe, in questo scenario, abbiamo da tempo incentivato l’ingresso di investitori istituzionali specializzati nell’acquisto di crediti commerciali ESG-compliant all’interno della nostra piattaforma digitale di invoice trading e digital reverse, e siamo consapevoli che il sostegno alla sostenibilità che possiamo dare in quanto esponenti della finanza alternativa è tanto necessario quanto importante per la diffusione di nuove pratiche sostenibili: tanto più, è il caso di aggiungere, se non saremo solo noi e pochi altri attori a fare un passo in questa direzione, ma se più in generale il settore del fintech saprà cogliere al volo l’opportunità di rispondere a un bisogno sempre più diffuso a tutti i livelli della società e del mondo dell’impresa.

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  • PMI e sostenibilità: quegli ostacoli invisibili da rimuovere

    Quattro imprese su dieci: questa è la percentuale del campione di piccole e medie aziende italiane che, nel corso del 2022, hanno avviato un percorso di transizione sostenibile secondo gli ultimi dati del Kaleidos Impact Watch. Entro il 2024, secondo la medesima fonte, oltre la metà delle PMI avrà effettuato almeno un investimento in sostenibilità ambientale (dalla transizione verso energie pulite e rinnovabili alla riduzione o riutilizzo di rifiuti e scarti di lavorazione). Oltre il 95% delle aziende intervistate ha dichiarato di aver già ottenuto benefici da questo processo.

    A fronte di dati così evidenti, tuttavia, rimane l'incognita che grava sul futuro di tutte le altre imprese: in un Paese come il nostro caratterizzato da un tessuto imprenditoriale di dimensioni aziendali relativamente contenute, non sono pochi i motivi che possono frenare un imprenditore e il suo team rispetto alla scelta di intraprendere un percorso virtuoso, che tuttavia richiede un certo investimento iniziale per essere avviato, soprattutto dopo che quest'ultimo è stato rimandato per anni.

    Come affermato da Emanuela De Sabato, presidente e fondatore di Futura Law Firm e valutatrice d’impatto in un lungo e interessante post su LinkedIn, a volte non sono sufficienti tutti i discorsi e i numeri sulla sostenibilità per far compiere quel passo in più alle aziende di dimensioni più contenute. "Di fronte alle iniziative e alle svolte dei giganti - afferma l'autrice del post - non so come una piccola impresa possa identificarsi e sentire di avere gli strumenti adeguati". Il problema, secondo l'esperta, non sarebbe tanto la mancanza di risorse economiche quanto la convinzione di non avere né il tempo, né le risorse umane sufficienti da dedicare al cambio di rotta.

    A convincere molti imprenditori, secondo noi, non sarà tuttavia solo la tendenza a imitare i comportamenti dei propri simili, né massicce campagne di sensibilizzazione, quanto la consapevolezza che le pressioni che subiranno da qui ai prossimi anni per intraprendere un percorso sostenibile saranno tante e tali da farli rimpiangere di non averlo fatto prima: se la regolamentazione fino ad oggi è stata benevola nei confronti delle aziende di dimensioni minori non è detto che sarà lo stesso anche in futuro, i clienti si aspetteranno iniziative e azioni concrete di sostenibilità e le aziende capofiliera utilizzeranno tutto il proprio soft power per convincere le aziende fornitrici ad adeguarsi a standard qualitativi e sostenibili sempre più alti. Infine, il mondo del credito darà la "spinta" decisiva.

    Come ricordato da Marco Preti, CEO di Cribis, in un articolo per Econopoly, le modalità di gestione del rischio del credito stanno rapidamente cambiando: "oggi è imprescindibile considerare i rischi ESG delle imprese, non solo nel breve ma anche a medio e lungo termine. Ormai è acclarato che questi elementi impatteranno in modo determinante sulla redditività delle imprese e quindi sulla loro capacità di rimborsare il debito", scrive l'esperto, che ricorda anche come la rischiosità creditizia di un'impresa a forte vocazione sostenibile risulti inferiore del 50% rispetto alla media. Un numero che influenzerà nei prossimi anni in maniera decisiva le decisioni delle banche in merito alla concessione o meno dei crediti richiesti dagli imprenditori. In questo senso, il mondo bancario svolgerà con ogni probabilità un ruolo decisivo nel sensibilizzare gli imprenditori, anche i più reticenti, a compiere un passo di importanza fondamentale sia per la propria azienda, sia per il futuro dell'ambiente e della società in cui vivono.

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  • PMI: quante sono realmente pronte alla rivoluzione ESG?

    Enel, Eni, Ferrari, Fs, Generali, Marcegaglia Steel, Pirelli, Poste Italiane, Unicredit, Webuild, ma anche le principali PMI globali dell'industria, della finanza, dei servizi: sono questi i protagonisti della classifica dei “200 leader della sostenibilità” realizzata annualmente dal Sole 24 Ore e dalla società di analisi Statista, che dimostra come né la pandemia né la guerra in corso abbiano invertito il cammino verso la sostenibilità attraverso obiettivi e iniziative concrete.

    Rispetto alla prima edizione, ora sono sempre di più le aziende e le PMI sostenibili e trasparenti

    Rispetto alla prima edizione risalente al 2021, il report fotografa ora una situazione in cui quasi tutte le grandi aziende e le principali PMI hanno intrapreso politiche di sostenibilità complete, trasparenti e con chiaro riferimento ai 17 obiettivi ONU di sviluppo sostenibile da raggiungere entro la fine del decennio. Elemento ancora più importante, in questo contesto, il fatto che molte delle aziende prese in esame abbiano cominciato a includere le performance ESG nei cosiddetti Rapporti di sostenibilità, o nelle Dichiarazioni non finanziarie allegate al bilancio o nei bilanci integrati.

    In questo senso, è importante sottolineare come la compliance normativa – ovvero l’obbligo di rendicontare le attività sostenibili – sia al momento obbligatoria solo per le grandi aziende. Sorprende in positivo, quindi, che le PMI più importanti a livello globale siano già impegnate da mesi a rendicontare le proprie iniziative in tal senso senza alcun intervento esterno: un’intuizione che potrebbe rivelarsi proficua sia nell’immediato, sia ancor più nel lungo periodo. Crisi di mercato dei prodotti e dei metodi di produzione tradizionali, richieste da parte dei clienti e dei consumatori e passaggio generazionale hanno indotto questo cambio, di mentalità ancor prima che di organizzazione.

    Quante sono le PMI davvero pronte ad abbracciare il cambiamento?

    Si pone, a questo punto, la domanda che né i report attuali né probabilmente quelli futuri riusciranno a risolvere: fino a che punto le PMI di ogni ordine e grado, escluse dai radar dei ricercatori o troppo impegnate a concentrarsi sul business per rispondere a questo tipo di sollecitazioni, hanno colto il vento del cambiamento e si stanno impegnando fin d’ora ad adeguarsi alla trasformazione in atto? Il report del Sole 24 Ore e di Statista, infatti, è solo l’ultimo segnale di quanto la sostenibilità sia diventata fondamentale nei rapporti con i clienti come con i fornitori, nelle relazioni con le comunità come con gli enti regolatori. Seguire l’esempio delle aziende “leader”, soprattutto di quelle simili per settore e dimensioni, diventa a questo punto una scelta strategica capace di assicurare la continuità della propria azienda nel lungo periodo: fino a che punto le “altre” PMI sono davvero pronte a farlo?

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  • PMI e sostenibilità: il ruolo della finanza nell’incentivare la rendicontazione e trasparenza

    Qual è il ruolo della comunità finanziaria nell'incentivare la sostenibilità e la rendicontazione della sostenibilità stessa da parte delle piccole e medie imprese? Se lo sono chiesti gli autori dell'indagine "PMI italiane e rendicontazione di sostenibilità", promossa dal Forum per la Finanza Sostenibile in collaborazione con ALTIS - Alta Scuola Impresa e Società dell'Università Cattolica del Sacro Cuore e realizzata con il sostegno di BPER Banca, Generali Investments e Intesa Sanpaolo, presentata in occasione della decima edizione della Settimana SRI.

    Il ruolo “propulsivo” della comunità finanziaria nella realizzazione dei report di sostenibilità

    L'indagine, volta ad analizzare i principali retroscena dei bilanci di sostenibilità pubblicati da un campione di 105 aziende, rappresenta un significativo punto di svolta in questo ambito di ricerca per le domande in parte inedite che ha contribuito a porre al centro del dibattito collettivo: tra queste, la più importante è quella relativa alle reali motivazioni che spingono le piccole e medie imprese a pubblicare i report non finanziari di sostenibilità, dove emerge chiaramente il ruolo "propulsivo" della comunità finanziaria.

    Le PMI partecipate da investitori istituzionali sono più attive di altre sul fronte della rendicontazione

    Il lancio di prodotti e servizi finanziari rivolti alle PMI più impegnate di altre sui temi ESG è risultato essere, infatti, un incentivo importante sia all'impegno in sé sia soprattutto nell'attività di disclosure, come nota tra gli altri Eticanews. La volontà di attrarre nuovi investitori e finanziatori e la risposta alle richieste di informazioni da parte della comunità finanziaria assumerebbero, inoltre, una rilevanza statisticamente superiore in quelle piccole e medie imprese partecipate da investitori istituzionali.

    Il binomio virtuoso tra sostenibilità economica ed ESG: l’esempio dell’invoice trading online

    È per questo motivo che noi di CashMe, da sempre impegnati nel far dialogare tra loro due mondi storicamente distanti come quello della finanza e degli investitori con il mondo della piccola e media imprenditoria italiana, abbiamo da ormai diversi mesi coinvolto un investitore istituzionale specializzato nell’acquisto di crediti commerciali ESG-compliant sulla nostra piattaforma: l’obiettivo è quello di favorire il raggiungimento di un binomio virtuoso di sostenibilità ambientale, sociale e di governance e sostenibilità economica, grazie a nuovi servizi finanziari innovativi come il nostro servizio di invoice trading online.

    In molte aziende mancano le competenze, mentre la maggior parte non coinvolge tutti gli stakeholder

    La strada da percorrere, tuttavia, resta ancora molto lunga e di questo tutti sembrano esserne consapevoli: secondo il report del Forum per la Finanza Sostenibile e di ALTIS, molte aziende si troverebbero ancora oggi a fare i conti con la scarsità di competenze interne in materia di reporting, redigendo il documento finale per lo più attraverso il coinvolgimento di dipendenti, fornitori o clienti, e solo in misura marginale finanziatori e investitori (meno della metà del totale). Per questo, è importante che tutti – dalle imprese alla comunità finanziaria – facciano la loro parte per favorire una maggiore trasparenza da un lato, e rendere la trasparenza stessa “sostenibile” per coloro che hanno scelto di investirvi tempo e risorse.

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  • Invoice trading e ESG: su CashMe gli investitori sostengono le PMI sostenibili

    L'attenzione di CashMe nei confronti della sostenibilità delle aziende si conferma con la presenza di un investitore specializzato nell’acquisto di crediti commerciali ESG-compliant da parte delle PMI.

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  • Le PMI e la lunga rincorsa della sostenibilità

    Dalla sostenibilità come voce di costo alla sostenibilità come obiettivo di business: ecco come le PMI stanno affrontando questa lunga fase di trasformazione.

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