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Dalla finanza all’economia reale: PIR e invoice trading a confronto


In attesa della rilancio dei PIR tradizionali e dell’avvio dei PIR alternativi, l’invoice trading consente già oggi alle PMI quotate e non quotate di ricevere liquidità immediata da investitori istituzionali qualificati.

Settembre 4, 2020


Quanto è distante oggi la finanza tradizionale dall’economia reale? Una possibile risposta a questa domanda potrebbe giungere dalle alterne fortune dei PIR, i “Piani individuali di risparmio” lanciati nel 2017 e che tante speranze avevano suscitato dopo i buoni risultati degli esordi.

Un miliardo di saldo negativo per la raccolta PIR nel 2019


Destinati inizialmente a sostenere la capitalizzazione di Borsa e le nuove quotazioni delle PMI, e favoriti da una detassazione particolarmente favorevole, i piani individuali di risparmio sono stati fin da subito progettati come strumenti per indirizzare il risparmio privato degli italiani a sostegno dell’economia reale. Un obiettivo che, tuttavia, è andato progressivamente sfumando nel corso del 2019 (con un saldo negativo di raccolta pari a 1,1 miliardi) e che è andato incontro a una definitiva stagnazione nel corso del 2020.

Volatilità dei mercati e un’attività commerciale e di marketing partita in lieve ritardo (a causa dell’introduzione di una nuova versione del prodotto a inizio 2020) non hanno aiutato la raccolta nel corso dei primi mesi di quest’anno, secondo Equita Sim. Il rilancio, tuttavia, è atteso a breve: sia per quanto riguarda i PIR tradizionali, sia per quanto riguarda i cosiddetti “PIR alternativi” in partenza nelle prossime settimane e che aprono al mondo delle piccole e medie imprese non quotate, con un innalzamento della soglia detassabile a 300 mila euro rispetto ai 150 mila dei prodotti tradizionali.

Le previsioni degli operatori, tuttavia, non sono ottimistiche: sebbene il Ministero dell’Economia e delle Finanze preveda una raccolta per i PIR alternativi pari a 4,5 miliardi nel 2020, 5,65 nel 2021, 6,7 miliardi nel 2022 e 7,8 miliardi nel 2023, Equita Sim prevede una partenza più contenuta e una raccolta dell’ordine di 2-3 miliardi all’anno, fino ad arrivare a 10-15 miliardi complessivi di masse gestite entro cinque anni. La detrazione fiscale, infatti, potrebbe non essere sufficiente per garantire una risposta immediata da parte di un mercato come quello italiano, solitamente restio a investire in asset alternativi e di lungo periodo.

“Non di soli PIR vivono le imprese”


Le nostre imprese, tuttavia, hanno bisogno di liquidità immediata e di risposte certe da parte delle istituzioni e del mondo finanziario: lo dicono i numeri, secondo cui oltre sei aziende su dieci avranno problemi di cassa nei prossimi sei mesi (dati Unioncamere), lo confermano i fatti, che hanno visto gli investitori ritirarsi progressivamente dai PIR nei momenti di maggior incertezza economica e politica degli ultimi mesi. Non ci sono, al momento, presupposti che lascino pensare che i PIR alternativi possano rappresentare oggi un’ancora di salvezza per le imprese a corto di liquidità, almeno nel breve periodo.

Come avvicinare la finanza all’economia reale? Non di soli PIR vivono le imprese: strumenti come l’invoice trading, di cui CashMe è leader di mercato, consentono oggi di smobilizzare i crediti commerciali e ricevere liquidità immediata da investitori istituzionali, azzerando ogni distanza (temporale, ma anche burocratica) tra imprese e investitori intenzionati a sostenere l’economia reale. L’invoice trading, seppur poco presente nelle cronache finanziarie a causa della sua relativa novità, rappresenta oggi il segmento a più rapida crescita nel settore della finanza alternativa grazie alla sua flessibilità e immediatezza: forse, proprio ciò che manca ai PIR di nuova concezione per essere considerati realmente “alternativi” rispetto agli strumenti esistenti.