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PMI e sostenibilità: le prospettive su ripresa e merito creditizio
Cresce il numero di piccole e medie aziende che integrano criteri di sostenibilità all’interno delle scelte strategiche e di investimento, in vista di ritorni positivi in termini di immagine e – in un prossimo futuro – anche di merito creditizio.
Novembre 18, 2020

“Fare di necessità virtù”. è questo il messaggio che si legge tra le righe dell’indagine “PMI italiane e sostenibilità”, presentata la scorsa settimana in occasione della nona settimana SRI e realizzata dal Forum per la Finanza Sostenibile in collaborazione con Bva Doxa: le piccole e medie aziende italiane, spinte dalla crisi economica innescata dalla pandemia, sembrano (finalmente) credere nella sostenibilità e prevedono un ritorno positivo in termini di ripresa economica e accesso al credito bancario.
Per una PMI su tre la ripresa economica passa dalla sostenibilità
Secondo i risultati dell’indagine, realizzata su un campione di circa 500 aziende su tutto il territorio nazionale, oltre il 50% delle piccole e medie imprese italiane ha integrato o ha intenzione di integrare tematiche ambientali, sociali e di governance (ESG) all’interno della strategia complessiva di impresa. Per un’azienda su tre, infatti, la sostenibilità potrebbe rivelarsi uno strumento necessario a uscire dal lungo tunnel della crisi economica, più rapidamente del previsto.
Nel dettaglio, il 73% delle aziende si aspetta un ritorno positivo in termini di strategie di marketing, mentre il 52% ritiene che l’investimento su una maggiore sostenibilità aziendale possa portare a un miglioramento nella reputazione e attrattività dell’impresa stessa agli occhi di clienti, fornitori e potenziali investitori. Quattro imprese su cinque, infine, ritengono che gli operatori finanziari dovrebbero integrare la valutazione dei criteri “ESG” nella valutazione del merito creditizio delle aziende stesse.
Meno del 4% delle aziende hanno redatto bilanci e rendicontazioni di sostenibilità
L’impegno delle aziende e le legittime aspettative di queste ultime si scontrano, tuttavia, con costi e investimenti ritenuti in oltre la metà dei casi ancora troppo alti e con una comunicazione verso clienti, fornitori e finanziatori ancora ampiamente deficitaria. Meno del 4% delle aziende italiane, infatti, avrebbero redatto bilanci e rendicontazioni ambientali e di sostenibilità nel triennio 2016-2018 (obbligatorie solo per le imprese di dimensioni maggiori) secondo un’indagine Istat ripresa dal Sole 24 Ore.
In questo contesto, non mancano le proposte per uscire dall’impasse: secondo Massimo Scotton, consigliere del Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti, menzionato nello stesso articolo, “nell’ambito della revisione della direttiva 2014/95/UE, è diffusa la convinzione che le Pmi debbano essere coinvolte nella futura applicazione. Considerato, però, l’onere economico che per queste realtà potrebbe derivarne, è auspicabile la previsione di una norma ad hoc, o la presenza di meccanismi di incentivazione fiscale, creditizia, o una spendibile elevazione nell’ambito del rating di legalità”.
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