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PMI e ritardo dei pagamenti: i settori ancora in difficoltà
Secondo quanto si legge nel rapporto Cerved sulle PMI sarebbero numerosi i settori e le aziende ancora in crisi di liquidità, nonostante le buone prospettive di ripresa economica per il settore delle PMI italiane.
Novembre 12, 2021
Era, ed è tuttora, uno dei rapporti più attesi di sempre: l'analisi Cerved sull'andamento economico delle piccole e medie imprese nel 2021, per un totale di 160 mila società con ricavi compresi tra 2 e 50 milioni di euro e organici tra le 10 e 250 persone, fotografa in maniera inequivocabile l'effetto della pandemia su una delle componenti fondamentali del tessuto produttivo italiano. Nel 2019-2020, si legge nel rapporto, i ricavi sono scesi dell'8,8%, la redditività lorda del 14%, e le aziende che hanno chiuso l'esercizio in perdita sono raddoppiate anno su anno nonostante tutte le misure adottate per contrastare la crisi economica in atto.
Per i settori più colpiti la percentuale di fatture non pagate supera il 50% del totale
Il dato saliente del rapporto, in questo contesto, è quello relativo ai persistenti problemi di liquidità delle aziende: secondo il rapporto Cerved la quota di fatture non pagate è tornata a giugno 2021 a un "rassicurante" 26%, di poco inferiore ai risultati raggiunti nel periodo pre-pandemia (28%). Un dato, tuttavia, non uguale per tutti: sempre a giugno, la percentuale di fatture non saldate era dell'80% nel settore delle fiere e convegni, del 70% per la cinematografia, del 56% per le agenzie di viaggio e 44% per il settore alberghiero.
L’obiettivo futuro deve essere lo stesso per tutti: rafforzare le aziende sostenibili, ma in difficoltà
L'obiettivo, d'ora in avanti, diventa il medesimo sia per il sistema finanziario tradizionale sia per quello complementare rappresentato da piattaforme come CashMe e altri operatori specializzati nel finanziamento alle PMI: "rafforzare – dichiara Cerved - con capitali le imprese con buone prospettive ma in difficoltà finanziaria", i cui debiti a bilancio sono passati da 22 miliardi di euro nel 2019 a oltre 44 miliardi di euro nell'ultimo anno, con picchi di oltre 50 miliardi di euro nel periodo di maggior pressione, facendo crescere il rischio di default per le migliaia di aziende in difficoltà ma con ancora buoni margini di ripresa.
Le risorse necessarie e l’apporto del sistema finanziario tradizionale e complementare
Per salvare un totale di 27.000 imprese, sostenibili nel lungo periodo ma fortemente debilitate dalla crisi, sono stimate risorse per oltre 4,5 miliardi di euro, con l'obiettivo di salvare 55 mila posti di lavoro e crediti deteriorati per 4,7 miliardi. Risorse, queste ultime, che il sistema bancario può tuttora mobilitare, e a cui gli imprenditori possono affiancare servizi di finanza complementare che anche nel momento più difficile della crisi non hanno mai smesso di operare per fornire liquidità proprio a quelle “aziende sane ma in temporanea difficoltà” economica a cui oggi tutti guardano con un misto di speranza e preoccupazione, consapevoli della loro importanza per il tessuto produttivo e i livelli di occupazione del Paese.
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