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La resilienza delle imprese familiari alla prova del cambio generazionale


Più resilienti di altre alla prova del Coronavirus, le imprese familiari devono ora fare i conti con l’ormai prossima scadenza del cambio generazionale: minaccia o opportunità?

Settembre 24, 2020


Ri-fondare le imprese su modelli partecipativi e progettare la continuità aziendale: questo deve essere l’obiettivo delle imprese familiari uscite indenni (o quasi) dalla crisi economica provocata dalla pandemia di Coronavirus, secondo quanto afferma Alessandro Scaglione (esperto di imprese familiari e autore del libro “R-Innovare il family business”) in un articolo pubblicato su Fortune Italia.

Le imprese familiari (quotate) sono più resilienti di quelle non familiari


A livello globale, la crisi tuttora in corso ha visto le imprese familiari quotate sovraperformare con una media di oltre 300 punti base le loro omologhe non familiari, secondo il rapporto annuale “Credit Suisse Family 1000: Post the Pandemic” che ha preso in esame un campione di 1.000 aziende familiari quotate in borsa o tuttora di proprietà del fondatore.

Secondo il report di Credit Suisse, infatti, le imprese familiari quotate hanno sovraperformato in tutti i settori, hanno fatto meno ricorso al congedo dei dipendenti, si sono dimostrate più redditizie e hanno conservato migliori rating ESG per quanto riguarda gli aspetti sociali e ambientali. La curiosità? Tra le stesse imprese familiari, quelle che hanno performato meglio sono quelle con più anni di attività alle spalle.

Le aziende familiari alla prova del passaggio generazionale


L’età che avanza, tuttavia, se può rivelarsi un vantaggio nell’affrontare le crisi di oggi può diventare un ostacolo per garantire la sopravvivenza nel lungo periodo: in un Paese come il nostro, dove le imprese familiari assicurano il 70% dell’occupazione totale e pesano per il 60% sul mercato azionario, non sfugge agli osservatori più attenti il fatto che oltre metà degli imprenditori abbia più di 60 anni di età.

Da qui il suggerimento, ma sarebbe meglio dire il “monito” di Scaglione: se è vero che il tasso di fallimento delle imprese familiari sfiora l’85% entro la terza generazione, appare oggi tanto più importante progettare con largo anticipo la continuità aziendale senza lasciarsi ingannare dalla resilienza dimostrata in occasione dell’ultima, gigantesca prova affrontata dal sistema economico nel suo complesso.

Progettare la continuità significa oggi assicurare all’azienda non tanto l’innesto di figure tecniche specializzate, quanto di eredi (naturali o designati in base al merito) che siano in grado di “formulare modelli di business e organizzativi che catturino l’opportunità del cambiamento – sostiene Scaglione – e garantiscano all’impresa la resilienza necessaria per abbracciare la nuova epoca”. Il momento migliore? Adesso, per non rischiare di trovarsi ad affrontare la prossima crisi nel momento più critico del “passaggio” di consegne tra una generazione “resiliente” e una che deve ancora dimostrare di esserlo altrettanto.