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Dall’Italia al mondo: le imprese familiari durante il 2020
In che modo le imprese familiari italiane hanno reagito alla crisi economica innescata dalla pandemia, e quali sono le differenze con le loro omologhe nel resto del mondo secondo KPMG e Step Project.
Marzo 19, 2021
Resilienti, reattive, ma non ancora abbastanza per approfittare anche delle opportunità comunque sorte in seguito alla grande crisi economica innescata dalla pandemia tuttora in corso: questo, in sintesi, quello che emerge dalla diciannovesima edizione del “Global Family Business Report” realizzato da KPMG e Step Project a partire dall’analisi di 2.500 aziende familiari in tutto il mondo, di cui un centinaio solo in Italia.
Sorpresa: le imprese italiane che sono cresciute battono la media mondiale
Le aziende familiari italiane sono andate incontro a uno scenario particolarmente avverso: nel nostro Paese, dove il Covid-19 si è manifestato prima e con più violenza rispetto al resto d’Europa, l’81% delle aziende familiari ha subito un calo del fatturato rispetto a una media del 69% a livello globale. Sorprende, tuttavia, il fatto che il 12% abbia visto altresì aumentare il fatturato rispetto al 9% della media mondiale.
In questo scenario, il 41% delle aziende familiari ha dovuto abbattere alcune voci di costo: se in Italia sono stati gli investimenti pubblicitari ad andare incontro a una riduzione, nel resto del mondo si è preferito concentrarsi maggiormente sul taglio dei costi amministrativi. Ovunque si è intervenuto sulla forza lavoro, ma nelle imprese italiane il numero dei dipendenti è calato solo del 3% rispetto all’8,5% mondiale.
La digitalizzazione quale chiave di volta, il passaggio generazionale l’occasione mancata
A influire sulla capacità o meno di resistere alle conseguenze della pandemia e della crisi economica sono stati, secondo gli analisti di KPMG e Step, principalmente due fattori: digitalizzazione dei servizi e internazionalizzazione. “Chi aveva già investito - ha spiegato Silvia Rimoldi, partner KPMG, al Sole 24 Ore - ha avuto un vantaggio competitivo ed è riuscito a cogliere le opportunità anche in tempo di crisi”.
È interessante, infine, confrontare i dati del report KPMG con quelli anticipati dallo stesso quotidiano a proposito del report “The Family 1000” di Credit Suisse dedicato alle imprese familiari quotate: in quest’ambito, infatti, è emerso come le imprese familiari internazionali abbiano reagito alla diffusione della pandemia optando per un cambio di leadership al vertice dell’azienda, temporaneo o duraturo.
Un’occasione non colta dalle aziende italiane che hanno preferito affidarsi per lo più allo smart working e continuare a far lavorare da casa il fondatore e leader dell’impresa (nel 60% dei casi, rispetto al 37% del resto del mondo), anche in condizioni di fragilità: un dato su cui è importante riflettere perché mai come oggi, sottolinea l’articolo del 24 Ore a firma di Chiara Bussi, “le imprese sono sottoposte a una grande sfida tecnologica e proprio il maggior coinvolgimento di familiari più giovani può rivelarsi una carta vincente”.
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