Fintech
Come corre il Fintech italiano: la fotografia di Banca d’Italia
Crescono i progetti e gli investitori nel segno della "coopetition" con gli istituti finanziari tradizionali: questa la fotografia del fintech italiano restituita dalla terza indagine conoscitiva condotta da Banca d'Italia.
La pandemia? Ha rallentato ma non frenato la crescita del fintech italiano: questa, in estrema sintesi, la descrizione dello stato dell’arte del settore fintech in Italia secondo la terza indagine conoscitiva pubblicata pochi giorni fa da Banca d’Italia, secondo la quale la spesa complessiva in tecnologie finanziarie innovative è passata nell’ultimo periodo da poco più di 450 a circa 530 milioni di euro totali.
La parola chiave del fintech italiano è sempre più “coopetition” tra banche e aziende
Crescono gli intermediari investitori, passati da 77 a 96, e crescono anche i progetti censiti, da 267 a 329, per lo più realizzati in collaborazione tra banche e aziende fintech (33% del totale) o dall’affidamento dell’intero ciclo di realizzazione del progetto a queste ultime da parte delle banche (oltre la metà dei casi): “coopetition”, la cooperazione tra aziende inizialmente in competizione, è la parola chiave per interpretare i dati del settore e la sempre più stretta interdipendenza tra startup e “incumbent” tradizionali.
Ricerca di talenti, interoperabilità e concentrazione degli investitori le sfide chiave del fintech
Secondo i dati della Banca d’Italia, tuttavia, le fintech italiane devono ancora confrontarsi con alcune criticità che hanno storicamente rallentato lo sviluppo del settore, anche nel periodo precedente la pandemia: mancanza di personale adeguatamente formato, scarsa o insufficiente interoperabilità tra la vecchia e la nuova finanza, a cui si aggiunge il fatto che ben l’84% del totale degli investimenti dipende da una decina di investitori, con le banche che tuttora figurano tra i principali finanziatori.
L’identikit dell’azienda fintech in Italia e la svolta sul fronte dei profitti attesa per il 2022
Le aspettative, tuttavia, non sono affatto al ribasso: nel 2022 sono attesi i primi profitti netti positivi, con una media di due anni per arrivare al “pareggio” dei conti per le singole società, e gli accordi di partnership hanno raggiunto la cifra record di 330 riferiti a 199 imprese complessive. In media, la tipica azienda fintech ha 18 addetti, un attivo di bilancio di 4 milioni di euro, ed è localizzata in Lombardia, Lazio o Emilia-Romagna. Mobile banking, digital lending, pagamenti e open banking i settori più diffusi.
In che modo noi di CashMe interpretiamo la convivenza tra finanza tradizionale e innovativa
È in questo contesto che, come CashMe, continuiamo a operare in linea con la nostra mission storica: fornire liquidità immediata alle piccole e medie imprese italiane, attraverso la cessione pro-soluto dei crediti commerciali, senza aspirare a sostituirci alle banche o alle società di factor tradizionali. Al contrario, l’obiettivo del nostro servizio è sempre stato quello di fornire un’alternativa alle aziende intenzionate a non indebitarsi ulteriormente nel breve periodo, con l’obiettivo di aumentarne la disponibilità di cassa e contribuire a migliorarne il rating bancario in prospettiva. Voi chiamatela, se volete, “coopetition”.
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