Chi siamo
Come funziona
Digital reverse
Vantaggi
Blog
030 8085393
Contattaci
Login
Registrati

Un cliente su due non ritiene né “gratificante“, né “coinvolgente” né “divertente” la relazione con il proprio fornitore di servizi: percentuale che farebbero notizia in qualsiasi settore, ma che nel mondo bancario è ormai diventata la norma da alcuni anni a questa parte, complice la crescita in tutto il mondo di alternative tecnologiche ad alto valore aggiunto e sempre più competitive.

I numeri del World Retail Banking Report di Capgemini ed Efma

Sono i numeri che emergono dal nuovo “World Retail Banking Report 2022” condotto da Capgemini ed Efma a partire da due indagini che hanno coinvolto oltre 8.000 tra clienti e dirigenti bancari e che dimostrano, se mai ce ne fosse ancora bisogno, come la percentuale di clienti insoddisfatti (50%) coincida sempre più con la percentuale di clienti bancari interessati all’offerta di servizi fintech.

Facilità, velocità, risparmio dei costi sono infatti i vantaggi che il 75% dei clienti “insoddisfatti” dai servizi tradizionali apprezzano maggiormente nelle aziende innovative. Secondo i risultati del report, le fintech sarebbero avvantaggiate dall’utilizzo avanzato dei dati e dai maggiori margini di manovra concessi dai regolatori per stimolare la concorrenza nell’ambito del mercato dei servizi finanziari.

Anche nel mondo del supply chain finance i servizi tradizionali segnano il passo

In questo contesto, appare tanto più evidente la differenza tra offerta di servizi tradizionali e servizi innovativi quanto più ci si allontana dall’ambito dei servizi bancari rivolti ai risparmiatori e ci si avvicina a quello dei servizi rivolti alle imprese: nel caso del supply chain finance, ad esempio, gli ultimi dati dimostrano il definitivo rallentamento dell’anticipo fatture bancario rispetto alla crescita costante dei servizi fintech quali l’invoice trading, il dynamic discounting e il confirming.

Se è ancora presto anticipare quali saranno le future quote di mercato tra banche e fintech, è importante fin da subito notare come i fornitori di servizi di maggior successo si siano da tempo collocati in una nicchia del mercato in costante espansione: quella di chi non si pone come “alternativa” tout court alle banche, quanto di fornitore di servizi complementari – e innovativi – rispetto a quelli bancari, per rispondere alle esigenze di PMI e imprese. Esigenze che comprendono, ovviamente, anche il fatto di ricevere un servizio gratificante, coinvolgente e, perché no, divertente grazie alla facilità dell’esecuzione.

La EACTP, European Association of Certified Turnaround Professionals, è un’organizzazione europea che mira a promuovere standard elevati nella gestione dei turnaround aziendali e di cui possono diventare e rimanere membri solo i professionisti in grado di dimostrare qualifiche accademiche pertinenti, competenze, significativa esperienza e pratica continua. Inoltre, l’organizzazione ha istituito il primo programma universitario che permette ai professionisti del turnaround di ottenere un accreditamento a livello europeo, che conferisce un indiscusso vantaggio in un settore competitivo quale è quello del turnaround.

In questo contesto, Alberto Cerini, dopo una prima esperienza come Certified Turnaround Professional da maggio 2021 a marzo 2022, è stato chiamato nel Board europeo di EACTP per rappresentare il nostro Paese e promuovere a livello italiano ed europeo la figura del CTP, già ampiamente diffusa in USA e UK: pochi, più di lui, possiedono oggi una visione d’insieme delle conseguenze della crisi economica sui processi di cambiamento e rinnovamento aziendale, e sul ruolo che gli strumenti di finanza alternativa possono ricoprire per favorire processi di turnaround con il supporto di professionisti qualificati.

Dottor Cerini, quali sono le conseguenze della crisi economica in atto e in che misura queste sono collegate con eventuali processi di turnaround?

La crisi economica attuale sta avendo conseguenze disruptive da vari punti di vista: alcuni mercati sono ora inibiti agli scambi, molte società hanno dovuto rivedere la loro supply chain e fare i conti con rialzi inattesi di materie prime e utilities. Questi shock hanno colpito ulteriormente società già duramente provate da due anni di pandemia, dalla quale, tra l’altro, sono uscite, nella maggior parte dei casi, oltre che con livelli di fatturato e margini molto più contenuti, anche con livelli di indebitamento molto alti, causati dalla grande iniezione di liquidità che l’Europa ha permesso ai propri Stati membri di far arrivare alle imprese.

Ora, con la fine delle moratorie sui debiti bancari, sono ripresi i rimborsi dei finanziamenti contratti, sia quelli antecedenti la pandemia sia quelli ottenuti durante la stessa, e la nuova crisi di mercato indotta dal conflitto ucraino sta causando a diverse società una forte crisi economica e finanziaria che ne mina anche la capacità di restituzione dei finanziamenti contratti. Questa combinazione di fattori porterà sicuramente ad un grande aumento dei processi di turnaround.

Come è cambiato, nel corso del periodo recente, il lavoro di un professionista di turnaround?

Un professionista del turnaround si trova a mio avviso ad affrontare in questo periodo sfide sempre più complesse, dove all’instabilità economica legata a fattori esogeni alle imprese (Covid, guerre) si aggiunge anche un proliferare di nuova legislazione in ambito di crisi di impresa, anche dovuta al recepimento nel nostro ordinamento della Direttiva Insolvency europea.

Un professionista del turnaround deve affrontare queste sfide comprendendo che, oltre alle competenze manageriali, finanziarie e giuridiche proprie del ruolo, l’urgenza e la complessità sono tali che un turnaround di successo può essere realizzato solo tramite interventi tempestivi di più soggetti operanti in team, sotto la direzione di un CRO, Chief Restructuring Officer. È ovviamente importante per le imprese farsi assistere da soggetti qualificati e di provata esperienza, quali i CTP.

In che misura le imprese coinvolte in un processo di questo tipo possono beneficiare di servizi di cessione del credito innovativi, come l’invoice trading?

Nei processi di turnaround è sempre fondamentale la velocità di azione e gli istituti di credito – nonostante la normativa li spinga ad una maggiore collaborazione e tempestività – sono tuttora ancora piuttosto prudenti con le imprese in crisi e tendono ad indietreggiare in casi di imprese che presentano rating critici. I soggetti che si occupano di invoice trading hanno invece ad oggi una struttura decisionale interna snella che consente maggiore prontezza di risposta alle esigenze delle imprese. Inoltre, il fatto di valutare il finanziamento del circolante di una società basandosi non tanto sul rating della stessa quanto su quello del cessionario del credito permette di sostenere anche imprese con un rating critico, con un indubbio vantaggio nel favorire il successo dei processi di turnaround.

Per gli esperti e gli studiosi del settore è ormai un dato di fatto, per gli imprenditori e gli startupper non necessariamente: la Supply Chain Finance, a cui il Politecnico di Milano ha dedicato un intero Osservatorio di ricerca attivo da oltre otto anni, è un tema tanto discusso quanto poco conosciuto, soprattutto tra coloro che potrebbero ottenere i maggiori vantaggi da una strategia di diversificazione delle fonti di accesso alla liquidità per il finanziamento del capitale circolante.

Il ricorso al Supply Chain Finance come conseguenza del verificarsi di due criticità ormai endemiche

Secondo Antonella Moretto, professoressa associata di Supplier Relationship Management del Politecnico e autrice di un interessante approfondimento per il Sole 24 Ore, oggi più che mai è importante stimolare tra gli imprenditori una maggiore conoscenza delle soluzioni di Supply Chain Finance in seguito al consolidarsi di due condizioni ormai endemiche nello scenario economico attuale: i tempi di pagamento dei debiti commerciali, attestati ormai su un valore medio di oltre 90 giorni, e la perdurante difficoltà delle piccole imprese di accedere – a condizioni vantaggiose – al credito tradizionale.

Le soluzioni di liquidità alternative devono essere adeguate e flessibili alle esigenze degli imprenditori

In questo contesto, secondo l’autorevole professoressa, si rendono “necessarie” delle modalità di accesso a “liquidità alternative, che siano adeguate a piccoli importi e allo stesso tempo anche più flessibili“: che si tratti di reverse factoring, dove l’azienda capofiliera favorisce la cessione delle fatture dei propri fornitori verso factor o altri soggetti specializzati come CashMe, o che si tratti di soluzioni innovative quali l’invoice trading, il dynamic discounting, l’inventory financing, oggi non mancano di certo le soluzioni a disposizione delle aziende per finanziare il proprio capitale circolante al di fuori del sistema bancario.

L’importanza dei criteri ESG e della collaborazione tra tutti gli attori dell’ecosistema di supply chain

Infine, degno di nota è l’importanza – sollevata dalla professoressa Moretto, e su cui più volte ci siamo soffermati anche sul nostro blog – riguardante il sempre più stretto “connubio” tra i criteri ESG e la valutazione dell’effettiva sostenibilità di un’impresa o dei suoi fornitori, per assicurare una valutazione tanto più accurata del rischio dei singoli attori in gioco. “Tutto ciò – conclude Moretto – per essere sfruttato adeguatamente richiede competenze adeguate, da parte delle diverse funzioni aziendali e dei diversi attori, e soprattutto collaborazioni lungo la filiera e tra attori parte di questo ecosistema“. Affermazioni che non potrebbero trovarci più d’accordo, e che sentiremo ripetere sempre più spesso nei prossimi anni.

Aziende medio-grandi, con facilità di accesso al canale bancario dovuta a un buon rating e sufficienti riserve di liquidità: sono queste imprese i principali fruitori del servizio conosciuto come dynamic discounting, che consente di automatizzare il processo interno di sconto dei crediti commerciali a fronte di un pagamento anticipato nei confronti dei propri fornitori.

Il dynamic discunting per automatizzare il processo di sconto in fattura con pagamento anticipato

Il dynamic discounting, come altre soluzioni che perseguono il medesimo obiettivo di sostenere una determinata filiera di imprese, viene richiesto da aziende e imprese capo-filiera i cui fornitori sono per lo più PMI in cerca di liquidità immediata e intenzionate a ottenere fonti di finanziamento diversificate, a causa di costi di accesso al credito abitualmente maggiori rispetto alle aziende più importanti.

Fenomeno relativamente recente, incentivato dalla diffusione delle nuove tecnologie e della completa tracciabilità dei processi, il dynamic discounting prende il posto del processo manuale e solitamente “informale” di sconto delle fatture in cambio di un pagamento anticipato, per rendere questo stesso processo interamente automatico tramite una piattaforma specializzata.

La crescita nell’ultimo anno del dynamic discounting e il confronto con il reverse factoring

Non è un caso che, a fronte di questo netto miglioramento di un processo tradizionale altrimenti complesso e non scalabile, il dynamic discounting abbia fatto registrare nel corso dell’ultimo anno una crescita pari al 200% secondo le ultime stime dell’Osservatorio Supply Chain e Finance del Politecnico di Milano, pur mantenendosi su volumi totali inferiori al miliardo di euro nel nostro Paese.

In questo senso, il dynamic discounting si colloca come una delle tante soluzioni oggi disponibili sul mercato per consentire alle grandi aziende di supportare la propria filiera di fornitori: tra queste rientra anche il reverse factoring, che prevede la cessione pro soluto dei crediti commerciali in cambio di liquidità immediata da parte di investitori, come avviene nel caso del servizio offerto da CashMe SpA, CashMe Digital Reverse.

Da non sottovalutare, infine, l’impatto positivo che il ricorso al dynamic discounting può avere sullo stesso rating ESG delle aziende: le imprese che ne fanno uso possono includere un claim etico nel proprio bilancio di sostenibilità, o direttamente sul proprio sito, nella misura in cui contribuiscono ad agevolare l’accesso alla liquidità dei propri fornitori e a ridurre il loro ricorso all’indebitamento, aumentando di conseguenza la sostenibilità dell’intera filiera.

Non sei ancora cliente CashMe?

Dai 457 ai 495 miliardi di euro: è la stima del valore potenziale del mercato dei crediti commerciali raggiunto nel corso del 2021 secondo gli esperti dell’Osservatorio Supply Chain Finance del Politecnico di Milano, in crescita rispetto ai 424 miliardi di euro raggiunti a fine dicembre 2020 e con importanti variazioni a seconda delle singole soluzioni impiegate dalle imprese per finanziare il proprio capitale circolante.

Il passaggio di consegne al vertice tra factoring e anticipo fatture bancario

I numeri, presentati in occasione dell’incontro annuale dell’Osservatorio svoltosi l’8 marzo 2022, raccontano di un settore in rapida trasformazione: già nel 2020, infatti, il mercato potenziale della supply chain finance italiano aveva assistito al passaggio di consegne al vertice tra servizi di factoring (55 miliardi di valore complessivo transato, in calo del 6% anno su anno) e servizi di di anticipo fatture bancario, in calo del 34% anno su anno e fermi a quota 43 miliardi di euro complessivi.

La crescita del dynamic disconting, dell’invoice trading, l’assestamento del reverse factoring

Già alla fine del 2020 era apparso chiaro che, accanto ai due “pesi massimi” del sistema, andavano crescendo rapidamente le soluzioni alternative rispetto al factoring e all’anticipo fatture bancario: dal dynamic discounting in crescita del 400% anno su anno (seppur a quota di “soli” 100 milioni di euro di volumi transati), all’invoice trading in crescita del 23% – per complessivi 300 milioni di euro di crediti commerciali ceduti dalle aziende in cambio di liquidità su piattaforme come CashMe – a fronte del sensibile calo del 4% soluzioni come il reverse factoring verso quota 6,4 miliardi di euro.

Tendenze confermate da un anno all’altro in attesa che anche l’ultimo bilancio venga depositato

Numeri e tendenze che sembrano essere confermate anche per il 2021 (in attesa che tutte le aziende monitorate dall’Osservatorio abbiano depositato i propri bilanci): secondo quanto dichiarato da Federico Caniato, direttore dell’Osservatorio sulla Supply Chain Finance, il valore di mercato dei crediti commerciali ceduti tramite l’anticipo fatture bancario sembra essere rimasto stabile a quota 43 miliardi di euro, a fronte di una crescita del 5% del factoring (verso quota 57 miliardi), reverse factoring (+14%, per complessivi 7,2 miliardi), invoice trading (+7%), confirming (+58%), dynamic disconting (+200%), ancora sotto il miliardo. Oltre trecento miliardi di euro la quota di mercato non ancora servita da alcun operatore.

La crescente importanza della sostenibilità nell’accesso ai servizi di supply chain finance

I dati, tuttavia, raccontano solo una parte del cambiamento in atto nel settore: tra tutti quelli affrontati nel corso della conferenza, quello più importante secondo noi è quello relativo all’introduzione dei criteri ESG nella valutazione e selezione delle aziende eleggibili per le diverse soluzioni di supply chain finance. In particolare, è emerso chiaramente come la sostenibilità delle imprese dal punto di vista ambientale, sociale e di governance sia ormai diventata una variabile determinante nel premiare le aziende più virtuose facilitando la cessione dei loro crediti commerciali: tendenza che, ci auguriamo, possa emergere sempre più nettamente anche a livello di numeri e, soprattutto, di consapevolezza dell’intero mondo produttivo.

Non sei ancora cliente CashMe?

Strumenti importanti per condurre le PMI verso un riequilibrio della propria struttura finanziaria e sostenere la crescita, gli investimenti, le acquisizioni di tecnologie e competenze: con queste parole si apre la quarta edizione del Quaderno di ricerca sulle piattaforme di finanza alternativa per le piccole e medie imprese del nostro Paese, curata dal Politecnico di Milano con Unioncamere e Innexta, che fotografa in maniera tanto più possibile puntuale lo sviluppo di settori quali l’invoice trading online in cui opera CashMe SpA.

Oltre due miliardi di euro mobilitati solo nel primo semestre 2021 dalle piattaforme di finanza alternativa italiana

In un contesto di generale crescita del settore, passato dai 2,5 miliardi di euro di volumi di un anno fa agli oltre due miliardi di euro mobilitati dalle piattaforme di finanza alternativa solo nel primo semestre 2021, l’invoice trading online per lo smobilizzo di fatture commerciali acquisite da soggetti non bancari si conferma un canale fondamentale per “assicurare liquidità al sistema” produttivo italiano. Il valore totale dei flussi di finanziamento dell’invoice trading è passato infatti dai 555,1 milioni di euro del primo semestre 2020 a quota 712,3 milioni nel secondo semestre dall’anno scorso, attestandosi a 536,1 milioni nel primo semestre 2021 (a causa dei ritardi di chiusura dei bilanci e al venir meno di alcune piattaforme).

L’invoice trading è lo strumento più utilizzato quale alternativa al tradizionale credito e anticipo fatture bancario

Secondo i dati della ricerca, pubblicata pochi giorni fa e relativa alle operazioni concluse entro il 30 giugno di quest’anno, l’invoice trading risulta essere lo strumento “relativamente più utilizzato” tra tutti gli strumenti di finanza alternativa al credito bancario a disposizione delle PMI del nostro Paese. Un risultato raggiunto in parte grazie alla presenza di un numero crescente di fondi specializzati nell’investimento in crediti commerciali, prevalentemente esteri, in parte a causa della crescita del tempo medio di pagamento delle fatture nel B2B (da 49 a giorni, secondo i dati Intrum per il nostro Paese), che portano molte aziende a esplorare soluzioni alternative al tradizionale anticipo fatture bancario.

Il profilo tipico della piccola e media impresa che si serve di piattaforme di invoice trading come Cashme, secondo il Politecnico

Ma chi sono le PMI che fanno uso di strumenti di invoice trading? Uno dei tanti pregi della ricerca del Politecnico, a cui CashMe ha partecipato in quanto piattaforma specializzata in questo settore e in quello del reverse factoring, è quello di gettare una luce su un folto gruppo di imprese solitamente lontano dai riflettori delle cronache: aziende in forte crescita che ottengono commesse di dimensioni rilevanti e difficilmente finanziabili tramite i fidi esistenti o in uscita da procedure come concordati sono i profili più noti tra i clienti del nostro settore, anche se è frequente trovare imprese che decidono di servirsi dell’invoice trading online solamente per sfruttare la flessibilità di cessione delle fatture e l’assenza di segnalazioni in centrale rischi.

L’invoice trading offre alle aziende uno strumento negoziale aggiuntivo, verso le banche e verso i pagatori meno puntuali

Da non sottovalutare, infine, un aspetto del servizio che forse per la prima volta questa ricerca ha messo in evidenza: ovvero il fatto che la cessione del credito a un investitore istituzionale porta l’impresa “ceduta” a prestare maggiore attenzione ai tempi di pagamento nei confronti di operatori finanziari specializzati, che nella modalità di cessione pro soluto prendono il posto dell’impresa cedente assumendosi i rischi di mancato pagamento. Un vantaggio, quest’ultimo, che può in prospettiva rafforzare la posizione delle aziende che si servono dell’invoice trading non solo dal punto di vista finanziario, ma anche della propria capacità negoziale verso banche e clienti meno puntuali di altri quando si tratta di pagare, in ragione della disponibilità di alternative di immediato utilizzo rispetto alle soluzioni abituali.

Non sei ancora cliente CashMe?


La pandemia? Ha rallentato ma non frenato la crescita del fintech italiano: questa, in estrema sintesi, la descrizione dello stato dell’arte del settore fintech in Italia secondo la terza indagine conoscitiva pubblicata pochi giorni fa da Banca d’Italia, secondo la quale la spesa complessiva in tecnologie finanziarie innovative è passata nell’ultimo periodo da poco più di 450 a circa 530 milioni di euro totali.

La parola chiave del fintech italiano è sempre più “coopetition” tra banche e aziende

Crescono gli intermediari investitori, passati da 77 a 96, e crescono anche i progetti censiti, da 267 a 329, per lo più realizzati in collaborazione tra banche e aziende fintech (33% del totale) o dall’affidamento dell’intero ciclo di realizzazione del progetto a queste ultime da parte delle banche (oltre la metà dei casi): “coopetition”, la cooperazione tra aziende inizialmente in competizione, è la parola chiave per interpretare i dati del settore e la sempre più stretta interdipendenza tra startup e “incumbent” tradizionali.

Ricerca di talenti, interoperabilità e concentrazione degli investitori le sfide chiave del fintech

Secondo i dati della Banca d’Italia, tuttavia, le fintech italiane devono ancora confrontarsi con alcune criticità che hanno storicamente rallentato lo sviluppo del settore, anche nel periodo precedente la pandemia: mancanza di personale adeguatamente formato, scarsa o insufficiente interoperabilità tra la vecchia e la nuova finanza, a cui si aggiunge il fatto che ben l’84% del totale degli investimenti dipende da una decina di investitori, con le banche che tuttora figurano tra i principali finanziatori.

L’identikit dell’azienda fintech in Italia e la svolta sul fronte dei profitti attesa per il 2022

Le aspettative, tuttavia, non sono affatto al ribasso: nel 2022 sono attesi i primi profitti netti positivi, con una media di due anni per arrivare al “pareggio” dei conti per le singole società, e gli accordi di partnership hanno raggiunto la cifra record di 330 riferiti a 199 imprese complessive. In media, la tipica azienda fintech ha 18 addetti, un attivo di bilancio di 4 milioni di euro, ed è localizzata in Lombardia, Lazio o Emilia-Romagna. Mobile banking, digital lending, pagamenti e open banking i settori più diffusi.

In che modo noi di CashMe interpretiamo la convivenza tra finanza tradizionale e innovativa

È in questo contesto che, come CashMe, continuiamo a operare in linea con la nostra mission storica: fornire liquidità immediata alle piccole e medie imprese italiane, attraverso la cessione pro-soluto dei crediti commerciali, senza aspirare a sostituirci alle banche o alle società di factor tradizionali. Al contrario, l’obiettivo del nostro servizio è sempre stato quello di fornire un’alternativa alle aziende intenzionate a non indebitarsi ulteriormente nel breve periodo, con l’obiettivo di aumentarne la disponibilità di cassa e contribuire a migliorarne il rating bancario in prospettiva. Voi chiamatela, se volete, “coopetition”.

Non sei ancora cliente CashMe?

Mentre la creazione di nuove imprese femminili stenta a tornare ai livelli raggiunti nel 2019, si moltiplicano gli strumenti tradizionali e innovativi per consentire alle donne imprenditrici o aspiranti tali di accedere al credito a partire da migliori condizioni.

(altro…)

Mettendo a confronto i dati di Italia Fintech e BeBeez appare evidente la crescita sostenuta del settore fintech anche nel nostro Paese, dal volume di finanziamenti erogati al numero di clienti attivi. (altro…) A livello italiano e globale è in atto un importante cambiamento nel settore dell’invoice trading e più in generale di quello della finanza alternativa, sempre più specializzata nel ruolo di strumento complementare al sistema finanziario tradizionale. (altro…)