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Proteggere il futuro: le PMI e la proprietà intellettuale


Gli effetti positivi della tutela della Proprietà Intellettuale per le PMI, e i motivi che frenano alcune imprese a ricorrere a questo importante strumento di valorizzazione del patrimonio aziendale.

Dicembre 10, 2019
Per incrementare la certezza di veder riconosciuti i propri diritti rispetto a imprese concorrenti, connazionali ed estere, ma anche per migliorare l’immagine dell’impresa, il suo valore agli occhi di potenziali investitori o acquirenti. Oppure per avere maggiori opportunità di collaborazione con altre imprese, aumentare l’occupazione, la redditività e la capacità di accesso ai finanziamenti.

La Proprietà Intellettuale vale ormai la metà del PIL


Sono questi i principali motivi che portano un numero crescente di piccole e medie imprese italiane a investire nella tutela della Proprietà Intellettuale (PI), secondo l’ultima indagine dell’ufficio dell’Unione Europea per la Proprietà Intellettuale (EUIPO) pubblicata a metà novembre 2019.

La ricerca ha evidenziato come il 54% delle PMI analizzate abbia tratto nel recente periodo effetti positivi dalla registrazione di brevetti, marchi, disegni o modelli. Questo, in un contesto dove la Proprietà Intellettuale vale ormai il 47% del Pil nazionale e contribuisce in maniera diretta al mantenimento dell’occupazione della forza lavoro.

Perché le PMI non investono (di più) nella tutela della Proprietà Intellettuale


Secondo l’indagine EUIPO la percentuale di PIL nazionale direttamente o indirettamente generato dalla Proprietà Intellettuale è cresciuta del 6% rispetto agli ultimi tre anni, per oltre 7 milioni di posti di lavoro totali (il 31% della forza lavoro nazionale). Numeri che non sfigurano nel contesto europeo, dove la Proprietà Intellettuale vale in media il 45% del PIL (-2% rispetto al dato italiano).

Un dato su tutti aiuta a inquadrare il contributo della Proprietà Intellettuale nel consolidamento dell’economia e generazione di ricchezza: rispetto al periodo di riferimento 2011-2013, in tre anni le industrie europee “ad alta intensità di diritti di Proprietà Intellettuale” hanno generato 1,3 milioni di posti di lavoro aggiuntivi, rispetto a una leggera flessione dell’occupazione su base europea.

Solo il 13% delle imprese, tuttavia, prova oggi a sfruttare i diritti di Proprietà Intellettuale per avere accesso ai finanziamenti. La mancata conoscenza dei propri diritti e delle procedure necessarie sono i principali motivi che scoraggiano ancora oggi molte imprese, secondo l’EUIPO, a ricorrere a questo importante strumento per rendere più semplice l’accesso al credito in caso di condizioni economiche avverse o temporanee crisi di liquidità.